Contro il citazionismo Sar� pure uno di quei cosiddetti discorsi "di comodo" per spezzare una lancia a favore di tutti quegli studenti frustrati dai nomi e dalle date, ma in linea teorica la critica � ben fondata. Siamo qui a parlare delle sacrosante citazioni d'autore che in ogni occasione, accademica o meno, si ha l'obbligo sociale e scolastico di sfoggiare davanti ai propri interlocutori. Ma c'� una via d'uscita a tutto questo stress psico-mnemonico prodotto dall'associazione coattamente insolvibile del concetto con il suo enunciatore. Una presa di posizione filosofica e politica che giustifica e supporta la visione utopica di un mondo senza i diritti d'autore. Il copyright, in ogni sua forma, �, a nostro avviso, moralmente ingiusto. Sarebbe auspicabile che, in un giorno felice della futura civilt� che abiter� la Terra, gli uomini capissero che ogni lavoro dovrebbe essere riconosciuto come, ed esclusivamente, una "prestazione d'opera". Se poi si eleva il discorso dai termini meramente politico-economici a cui si � solitamente abituati a cimentarsi ad un livello d'analisi pi� profondo, potremmo azzardare l'affermazione che esso � anche culturalmente scorretto. L'idea pu� certamente destare stupore e sospetti d'astrusit� alle orecchie di quanti, frutti 'impuri' di una decadente cultura iper-individualistica e anti-storica (!) come quella 'occidentale', sono abituati a porre se stessi al centro di tutto. In realt� l'apparato teorico da cui prende atto la collocazione della nostra opinione � molto semplice e ampiamente condivisibile da chi, come noi, crede fermamente nella doverosa giustizia (procedendo con una saggia equalizzazione dei parametri della scientificit� e della solidariet� umana) nell'attribuzione dei diritti, di ogni genere. Se � vero (ed � un dato di fatto) che la cultura - intesa nel senso etno-antropologico onnicomprensivo della totalit� delle manifestazioni, visibili e invisibili, del pensiero e dell'azione dell'uomo - subisce un processo cumulativo e non lineare di evoluzione (anche se non necessariamente 'positiva'), in quanto costitutita da infinitesime sedimentazioni individuali e collettive di strati ed elementi di diverso genere e non sempre facilmente incastrabili, allora � anche vero che, per un tassello inserito sulla superficie di questa ipotetica 'geosfera culturale', non ci si pu� arrogare il diritto di "propriet�" di tutta una sezione degli strati sottostanti il medesimo tassello che, del resto, � il risultato a sua volta di azioni di erosione e ricomposizione dell'humus su cui tutta la materia culturale si struttura. In breve, ci� vuol dire che qualsiasi cosa noi crediamo di avere inventato o prodotto e pretendiamo di connotarne i sensi possessivamente, in realt� poggia le fondamenta ed � totalmente costruita su (e con) materiale gi� esistente composto e ricomposto da altri prima di noi. Inoltre, la scoperta di 'tasselli' nuovi avviene in realt� molto pi� raramente di quello che normalmente si � soliti pensare. Nella maggioranza dei casi non si fa altro che smontare 'vecchi pezzi' e rimontarli - il che, in un certo qual modo, � creazione - in un ordine nuovo... Cosicch� in verit� nessuno inventa nulla dal nulla (per il qual atto si sarebbe, almeno teoricamente, padroni intellettuali della qual cosa ma non gli esclusivi sfruttatori dal momento in cui essa si rende pubblica...) e tutti, in ogni momento e in ogni dove, inventano e reinventano tutto dal tutto. Allora non pu� - non dovrebbe - esistere una propriet� intellettuale, un diritto di sfruttamento, un privilegio accordato dalla comunit� o una registrazione di brevetto che assicuri una rendita conoscitiva (e soprattutto economica!) a vita e anche oltre! La furbizia non d� valore aggiunto. Semplicemente perch� il valore aggiunto... non esiste!!! E' solo un'astuto (e difettoso) escamotage concettuale usato euristicamente da questa e quella dottrina per giustificare e correggere i propri sistemi di mezzi, fini e controllo. Se volessimo rendere il quadro teorico con una metafora, saremmo sicuramente imbarazzati dalla scelta - dalla figura del mosaico dai pezzi infiniti a quella di un puzzle ad incastri multipli - ma sicuramente la pi� curiosa � rappresentata dalla libert� di assemblaggio di camionate di mattoncini lego nella copertura della vasca di una piscina vuota: ogni tanto si possono perdere dei pezzi, ma arriva sempre qualche parente che porta carriole di nuovo materiale grezzo... In pratica, un qualsiasi Bill Gates non potrebbe arricchirsi, come invece succede, per il semplice acquisto del brevetto di un rozzo ma innovativo ambiente operativo sviluppato da un geniaccio polacco (un p� sfigato..) che poi si � rivelato essere l'affare del secolo! La riproduzione di ogni valore culturale deve essere libera perch� la cultura appartiene solo alla storia dell'uomo! E poi, per proseguire con l'esempio, i sistemi commercializzati dalla Microsoft (la multinazionale di Gates) sono scritti su linguaggi di programmazione realizzati da qualcun altro, che a loro volta girano su macchine inventate da altri ancora, che a loro volta funzionano su procedure e risorse messe a disposizione da altri... e cos� via, indietro fino alla scoperta del fuoco e oltre... Questa logica abbatte quindi non solo il significato di tutte quelle fastidiosissime sigle quali " � ", " � " o " ", ma anche la plausibilit� dei diritti SIAE, delle famigerate royalties e di tutte le appropriazioni indebite di beni intellettuali collettivi... A questo punto, finalmente, possiamo giungere al traguardo tanto agognato di questa nostra lunga e paranoica (forse...) dissertazione: secondo quanto asserito finora, infatti, non avrebbero pretese d'obiettivit� (o "ri-conoscenza") scientifica anche tutti gli sforzi sovrumani compiuti (...ad esempio!) dagli studenti in sede d'esame impegnati in (quindi) inutili quanto 'socialmente' scorretti collegamenti fra le idee enunciate e i loro (sedicenti!) autori!!! Per un mondo di liberi co-autori... |